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Via Margutta: la strada degli artisti

Più avanti, lasciandoci alle spalle la monumentale porta Flaminia e superando il quadrilatero d’ingresso entro le mura, ci ritroviamo nella piazza vera e propria. Al centro dell’ellisse, che tutti conosciamo come piazza del Popolo fa bella mostra di se il grande obelisco Flaminio, uno dei molti che impreziosisce Roma. Fu fatto scolpire da Sethi I il secondo faraone della diciannovesima dinastia, ma fu il figlio Ramsete II a completare l’opera e ad innalzarlo ad Heliopoli, l’antica città egizia del culto solare.

In effetti gli obelischi erano concepiti come delle antenne solari, ovvero riflettevano la luce del sole del dio Ra tramite la loro estremità, il “pyramidion” per distribuirla verso le quattro direttrici cardinali.

In questa sede rimase indisturbato per circa 13 secoli fino a quando l’Egitto fu conquistato dalle legioni Romane nel 30 a. C. e l’imperatore Augusto ordinò di rimuoverlo e portarlo a Roma. Nel 10 a. C. l’obelisco venne solennemente dedicato al sole ed eretto nella spina del circo Massimo. Qui ebbe onori o gloria in compagnia dell’altro grande obelisco suo gemello, il Lateranense (ora sistemato di lato alla basilica di San Giovanni in Laterano).

In seguito, con il medioevo, il circo cadde in disuso ed entrambi i monoliti furono abbattuti e sepolti dai detriti alluvionali che il Tevere, anno dopo anno, porterà in loco.

Bisognerà attendere vari secoli quando l’interesse dell’architetto, Domenico Fontana, e le smanie di grandezza di papa Gregorio XIII porteranno l’obelisco Flaminio alle sua nuova sede. Nel marzo del 1587 ne verrà issato l’ultimo frammento.

Ci sarebbe ancora molto da dire sull’intera piazza, ma ci attende la strada degli artisti. Andando oltre l’obelisco verso il lato sinistro entriamo in via del Babbuino poi ancora nella seconda traversa a sinistra. Qui un po’ in disparte, solitaria come fosse un eremo urbano c’è via Margutta, “una strada tranquilla. Ci passa solo chi ci deve andare”, come amò definirla Carlo Cassola nel suo romanzo “Vita d’artista”.

Da secoli è una piccola oasi per artisti e artigiani che, ad oggi, continuano a preferirla per istituirvi i loro studi e le loro botteghe e gallerie d’arte. In realtà tutta la zona compresa entro il “tridente” può essere assimilata ad una culla dell’arte. Disseminate qua e là, tra l’ara Pacis, piazza di Spagna e via Margutta, le antiche abitazioni e atelier di eminenti pittori e scultori restano sospese nel tempo come colori su una tavolozza in attesa d’un colpo di pennello.

Via Margutta è sicuramente il cuore artistico della capitale e varrebbe la pena visitarla solo per sbirciare dietro le vetrine e sentenziare qualche critica bonaria al quadro di turno… ma Via Margutta ha anche un’anima sinistra, un’inquieta propensione al soprannaturale. Le Cronache recenti ci informano di un appartamento abitato, per un certo periodo di tempo dalla famosa soubrette Valeria Marini la quale, infastidita o atterrita da presenze ultraterrene ha optato per un rapido trasloco.

Ma esiste un’altra dimora dove, secondo la versione di un vecchio “sceneggiato Rai” aleggiano i fantasmi del pittore Marco Tagliaferri e della sua amante e modella Lucia. Lui destinato a reincarnasi ogni cento anni, nascendo il 28 marzo e morendo trentasei anni dopo nel medesimo giorno; lei ad attenderlo costantemente innamorata nelle vesti di un fantasma. Una fiction che inchiodò milioni di telespettatori dinanzi alle tv di mezza Italia. Allora (era il 1971) i vecchi sceneggiati erano in bianco e nero e “Il Segno del comando” (questo il suo titolo) inaugurò un genere inusuale per quell’epoca, il gotico.

La vicenda fa ricorso ad atmosfere cupe, argomenti misteriosi quali l’alchimia, l’esoterismo, la magia e la reincarnazione, il tutto ambientato in una Roma inconsueta e trasognata, intrisa di romantiche passioni, cullata da serenate popolari e macchiata da complotti nazisti.

Insomma, vi sono buoni motivi per rispolverare una bella serie tv d’altri tempi e andare a far due passi dinanzi al civico 33 di via Margutta provando a rincorrere il fuggente fantasma di Lucia tra i cento e più vicoli di Roma…

About the author

Romano di nascita, amo leggere e disegnare sin da bambino e ho letto e disegnato qualsiasi cosa mi facesse volare via con la fantasia. I libri, le illustrazioni, il cinema e le passeggiate sono la mia "isola che non c'è". Ho sempre cercato di frequentare persone interessanti, cose inconsuete e luoghi inusuali, che potessero insegnarmi qualcosa o distrarmi dalle banali futilità quotidiane. Così facendo ho avuto modo di conoscere una miriade di esseri meravigliosi, posti fantastici e cose indicibili e tutt'ora, che ho passato i cinquanta, ancora vado a ritrovare la mia isola. Ma non serve andar chi sa dove per trovare un'isola che non c'è; esistono isole anche a Roma, basta saperle cercare. È con un poco di cuore e un pizzico di fantasia che si compie la magia.

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