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Fantasmi a Roma: la piazzetta alchemica di Sant’Eustachio

Fantasmi a Roma: la piazzetta alchemica di Sant’Eustachio: continua il nostro viaggio nei luoghi più suggestivi della città eterna.

I diavoli del Pantheon sono volati via e adesso restiamo attoniti davanti ad un imponente edificio ricco di storia, arte e cultura.

Prima di allontanarcene sarebbe doverosa una visita al suo interno, se non altro per non perdere l’occasione di dare un doveroso saluto ad un’anima straordinaria. Infatti all’interno dell’ampia sala vi è il monumento funebre che conserva le spoglie di Raffaello Sanzio, uno degli artisti più amati della sua epoca. Quest’anno (2020) ricorre il cinquecentesimo anniversario della sua morte (6 aprile 1520) motivo in più per entrare…

La nostra passeggiata prosegue! La prossima tappa è vicinissima, proprio dietro l’angolo. Infatti dirigendoci verso il lato occidentale del Pantheon si scorge una leggera salita “la Salita dei Crescenzi” che conduce in una specie di slargo, che slargo non è. Di fatto è una “via di San’t Eustachio” che presenta una inusuale forma triangolare, ciò è bastato ai romani per conferirle lo status ufficioso di “piazzetta alchemica“.

Ma perché “alchemica”? Questo nomignolo deriverebbe da una antica credenza popolare che vorrebbe, proprio in questo luogo l’abitazione di un mago alchimista. La tradizione vuole che si tratti di tale Francesco Giustiniani Bono, alterego fittizio di Giuseppe Francesco Borri un noto alchimista del seicento le cui controverse imprese pseudo scientifiche lo misero in opposizione con la chiesa cattolica. In seguito, agli inizi del diciannovesimo secolo, l’erudito Francesco Girolamo Cancellieri raccontò per primo la strana vicenda riguardante la porta alchemica di villa Palombara. In questo resoconto (che sarà oggetto di un prossimo articolo) l’inquietante figura dell’alchimista ospitato nella villa verrà poi tradizionalmente ricondotta a Borri legando indissolubilmente il suo nome a tutta una serie di attività occulte, magiche e sinistre. Oggi la via o “piazzetta” è nota anche per le presunte apparizioni del’oscuro alchimista che opererebbe ancora tra le mura del suo antro esoterico. 

Al di la di ogni fantasiosa speculazione via di Sant’Eustachio è senza dubbio una delle micro aree più suggestive della città. Due imponenti colonne (vestigia delle antiche terme di Nerone) poste in modo surreale di fronte a otto enigmatiche finestre murate; la cascata verde di un poderoso rampicante che divora in silenzio l’intero palazzo; l’incredibile sensazione di stasi che persiste nonostante la vicina e movimentata piazza della Rotonda conferisce al sito un’aura di sconcertante mistero e metafisica delizia che poche altre zone di Roma sanno donare.

Ma anche di questi ameni posti se ne riparlerà in altri contesti… 

Ora procediamo lungo questa via e andiamo diretti a Piazza di Sant’Eustachio, il cuore pulsante dell’omonimo rione. Qui è d’obbligo assaporare il caffè di un’altra famosa torrefazione romana. Questa notte non si dormirà, mi direte. Tuttavia il Caffè Sant’Eustachio non può mancare al palato di un vero amante del buon caffè italiano. Vi avverto! Sarà necessario avvisare se si desidera un caffè amaro perché di norma è servito con la tradizionale cremina zucchero e caffè. 

Finita la tazzina usciamo dal bar e torniamo di fronte alla chiesa di Sant’Eustachio e cerchiamo far luce sulla figura di questo santo così persistente nei dintorni. In cima alla facciata della basilica è posto il simbolo del santo e del rione stesso, ovvero la testa di un cervo tra le cui corna è ben visibile una croce. Ebbene questa è la visione che ebbe un soldato romano di nome Placido.

Ma procediamo con ordine. Placido, secondo la leggenda (non supportata da fonti storiche certe) era un soldato o un generale dell’esercito romano che, durante una battuta di caccia, riuscì a colpire un cervo con una delle sue frecce. La bestia si diede alla fuga e il cacciatore si diede al suo inseguimento nella foresta. Passarono vari minuti prima che il cervo si fece raggiungere da Placido su un’altura. Qui la preda esausta e sanguinante si voltò indietro mostrando fieramente il suo ampio palco di corna. Al centro di esse, come per prodigio, sfolgorava un crocifisso, e una voce dentro la mente del soldato proferì: “Placido perché mi perseguiti? Io sono il Cristo che tu onori senza saperlo!”

Placido di fatto, pur essendo un persecutore di cristiani, era anche un uomo retto e generoso, dedito alla beneficenza. Questo evento miracoloso indusse il legionario a convertirsi al cristianesimo prendendo il nuovo nome battesimale di Eustachio e a disertare l’esercito romano. Tale affronto non poteva essere tollerato dall’imperatore Adriano che lo fece catturare con l’intera sua famiglia e condurre al circo per essere sbranato dalle belve. Gli animali tuttavia si mostrarono mansueti con loro, il che indispettì il già contrariato imperatore che escogitò un supplizio alternativo. Fece rinchiudere Eustachio con moglie e figli in un grande toro di bronzo dando ordine di arroventarlo ponendo delle braci ardenti sotto di esso. Il martirio di Sant’Eustachio è ben visibile sul grande dipinto di Francesco Ferdinandi (Milano 1679 Roma 1740) conservato all’interno della chiesa che abbiamo qui di fronte.

Ora volgiamo lo sguardo in alto in direzione del bar… per concludere questa tappa con la magnifica veduta della lanterna del Borromini, un gioiello architettonico senza eguali. Si tratta del vertice della cupola di Sant’Ivo alla Sapienza, la chiesa dell’antica sede universitaria romana. Una istituzione risalente al 1303 che in questo splendido sito architettonico giunge al suo massimo prestigio accademico. La Lanterna è un elemento architettonico riconoscibilissimo tra i tetti di Roma. Il suo inconfondibile andamento a spirale alluderebbe alla lunga e faticosa salita verso il lume della conoscenza, quest’ultima rappresentata dalla corona di fiamme apice di tutta la struttura. Ma vi sono versioni alternative che vedrebbero nella lanterna l’antico faro di Alessandria, l’antica città egizia sede della leggendaria biblioteca. Entrambi i riferimenti mi sembrano più che azzeccati per una sede universitaria, non trovate?

L’illustrazione che correda questo articolo è realizzata in esclusiva per RomaStorie da Marco Sindici.

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