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Monterotondo. Spettacolo-concerto “Le isole dell’Anima”. Intervista al regista Alessandro Ristori

Un appuntamento da non perdere quello di sabato 6 aprile alle 18.00 presso la Casa della Pace Angelo Frammartino – Piazza A. Frammartino 4 a Monterotondo -con lo spettacolo-concerto “Le isole dell’Anima“, testo teatrale di Alessandro Ristori, poeta, regista e sceneggiatore. Nello spettacolo, i sentimenti e le parole sono dedicati alla speranza di tantissime persone in fuga da guerre e povertà, in situazioni di fragilità. Condizioni di vita difficili, spesso atroci di chi è costretto a emigrare: la paura della morte, gli interminabili viaggi della speranza che spesso diventano veri e propri viaggi di morte tra solitudini, disperazione e sofferenze.

Abbiamo raggiunto il regista Alessandro Ristori e parlato con lui del tema delicato di questo spettacolo.

Qual è il senso e l’obiettivo del suo spettacolo? C’è ancora spazio per empatia e bontà d’animo?
“Nel mio spettacolo (testi, sceneggiatura e regia del sottoscritto e musiche di Stefano Guerra per la Cantata e Giovanna Berardinelli per la musica d’arpa ai monologhi) non voglio entrare nel merito socio politico e culturale del problema. Ciascuno di noi è libero di pensare e argomentare sempre al riguardo come meglio crede; io sono un poeta e come tale cerco di raccontare gli stati d’animo, le percezioni, le sensibilità, le emozioni di tutti coloro che tentano di risolvere i loro problemi di sopravvivenza andando lontano dai posti a loro più cari, da quei luoghi in cui sono nati e cresciuti, dagli affetti importanti che per forza di cose segnano la vita di un individuo. “Le isole dell’anima” è quindi uno spettacolo dedicato alla speranza di tante persone, in fuga da guerra e miseria, provando a dar voce alle anime dei migranti che cercano nuova vita in un paese straniero e non sanno neanche se riusciranno a trovarla. Le parole si alternano con la musica e con video in un incessante altalena di sensazioni e sonorità diverse tra loro che rispecchiano poi anche il veloce evolversi delle emozioni di coloro che affrontano viaggi che dovrebbero essere della speranze e che, a volte, diventano invece della morte”.

Dare voce ai migranti è importante, come si aspetta che gli spettatori escano dal teatro, alla fine della rappresentazione, con quale stato d’animo?
“Alla fine della serata spero che gli spettatori abbiano vissuto, anche solo per un attimo, le sensazioni più forti e più nascoste che provano centinaia di donne, bambini e uomini che affrontano in questo modo il loro destino. Forse io sono in controtendenza in questo momento in cui si chiudono i porti e si mettono i semafori a mare. Ma non mi interessa e non mi spaventa. Come lei ricordava nella prima domanda la bontà, la compassione e l’empatia sono ormai soltanto aggettivi che oggi si vivono troppo spesso con esagerata superficialità, come se non appartenessero più ad un senso individuale prima e collettivo poi”.

Perché dare loro voce?
“Perché mai non si dovrebbero far parlare loro? Un certo tipo di propaganda, a loro rivolta con asprezza e durezza, tenta di avvicinare sempre più la popolazione all’idea che “migrante” quasi sempre faccia rima con “delinquente”, “spacciatore”, “persona che viene a rubare il lavoro nel nostro Paese” ed ancora stupratore, vagabondo e tanto di altro. Ma cosi come la proposta di castrazione presentata ultimamente non risolve certo il problema dello stupro, cosi quel messaggio potrà portare probabilmente più voti a qualcuno, ma non risolve assolutamente il problema”.

Accoglienza e integrazione sono spesso problemi in antitesi, in contraddizione? La problematica dell’immigrazione deve ripartire dall’integrazione, secondo il suo punto di vista? Le ONG sono sotto la luce dei riflettori, al momento.
“Ciascun Paese affronta singolarmente il problema. Ed il problema non si risolverà mai, se affrontato in questo modo. Noi lo stiamo affrontando nei modi e nei tempi dettati dai Governi che si succedono. Ma alcuni problemi rimangono inalterati a prescindere dal Governo del momento, tra i quali c’è quello riferito alle cooperative e alle organizzazioni di aiuto e sostegno. Forse emergono a volte situazioni in cui si antepone un riscontro economico personale rispetto al servizio verso la collettività. Bisognerebbe, a mio modesto avviso, rivedere anche questo aspetto. Ma temo che questo rappresenti una delle punte di un iceberg di un intervento non pienamente e giustamente coordinato rispetto ai migranti che sono sul nostro territorio nazionale. Il nostro essere cittadini italiani è spesso riassunto nelle immagini che ci sono arrivate con una certa continuità specialmente dall’isola di Lampedusa dove quasi tutti gli abitanti si sono prodigati nel tempo per accogliere queste persone. E lo hanno fatto per tanto tempo. Io sono convinto che quella è la foto reale di un Paese, l’Italia, che si professa cristiano, di un popolo che tende la mano. Ma non ci si può affidare solo al cuore e all’anima di un popolo; ben presto si sarebbe dovuto fare un piano di intervento più preciso ed articolato. Ma cosi, e per varie ragioni, non è stato. E questi sono ora i risultati”.

Papa Francesco ha detto recentemente “Roma resti maestra di accoglienza e integrazione”. Come colloca questa frase nel contesto socio-politico attuale? 
“L’integrazione dà un significato serio e profondo all’accoglienza che altrimenti è pari al nulla e molto vicino alla pietà. Come si fa a non essere d’accordo con il Papa quando afferma che Roma debba restare maestra di accoglienza? Ma rimangono parole vuote se non si fa niente o quel che si fa, lo si fa male o in modo confuso, propagandistico e non articolato e più giustamente e avvedutamente programmato. E allora, cosa che faccio in questo spettacolo, preferisco parlare ed andare direttamente al cuore della gente che mi ascolta per aggiungere qualcosa alla sensibilità delle persone verso questo problema”.

Di che cosa tratta la Cantata Profana, testi suoi e di Stefano Guerra, presente nello spettacolo?
“Chi fa l’uovo e chi la gallina? Cioè: dare musica alla poesia o dare testo alla melodia? Questa è la domanda che si pone in modo certamente provocatorio il musicista che ha dato vita alla melodia della sonata scrivendo le partiture per i musicisti e per i cantati, Stefano Guerra.
Dipende dalla gerarchia o dalla successione tra la genesi letteraria e la genesi musicale. La Cantata Profana ‘La mia bambola’ nasce come esperimento di massima integrazione tra i due atti compositivi. Prima ancora di pensare all’argomento narrativo, racconta Guerra, si è condivisa una struttura compositiva, prendendo a riferimento la sonata e, al suo interno, la forma-sonata, due tra i maggiori pilastri della composizione musicale colta. Prevede tre brani (movimenti) distinti ma strettamente legati sia per i contenuti sia per la forma. Questo è frutto di un lungo, intenso e condiviso lavoro di successivi ritocchi e rifiniture letterarie e musicali che ha, infine, portato alla definizione finale dell’opera che inserita nella serata del 6 Aprile vuol rappresentare un valore aggiunto ben chiaro e definito”.

About the author

Alessandra Paparelli, speaker professionista a Radio Italia Anni 60 Roma, 100.5 FM e canale TV, speaker a Radio Kaos Italy, The web Station, Radio Città Aperta. Tanti anni in radio come redazione, ufficio stampa e marketing, Radio Spazio Aperto, Radio Rock e altre emittenti romane. Collaboro con SitoPreferito, collaborazioni con Roma Est Magazine, Extra Music Magazine, Blasting News e Telegiornaliste.com.

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