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Intervista a Cecilia Lavatore, “una scrittrice sociale”

Ho avuto il piacere di incontrare la frizzante Cecilia Lavatore durante una serata di poesia performativa al Circolo Arci Writer Monkey (Monterotondo). Uno scambio appassionante e vivace quello con Cecilia, che di recente ha pubblicato “Rame, materiale per una termo-poetica”, nella collana Pithecusa della casa editrice Fuorilinea.

Chi è Cecilia Lavatore?
Sono nata e cresciuta a Roma. Ho vissuto tra USA, UK e Spagna per diversi anni lavorando nel settore turistico. Ho poi deciso di tornare in Italia per raccontare storie in molteplici modi. Credo che nel nostro Paese ci siano, nonostante tutto, spazi di crescita e che sia importante dare il proprio contributo. Sono editorialista per Il Messaggero: nel quotidiano nazionale scrivo di cultura, spettacolo, società, violenza di genere, generazioni a confronto e diritti dei lavoratori. Il mio primo romanzo corale è “Citofonare Morabito, voci di Corviale“, ambientato nei lotti occupati del controverso quartiere ai margini della Capitale. Nell’ultimo anno ho pubblicato “Mia sorella è figlia unica“, una raccolta di storie di lotte al femminile singolare; “Rame, materiale per una termo-poetica“, silloge di poesie e prose poetiche tra il sociale e la dimensione intima; e “Cabaret Decameron“, una rivisitazione in chiave contemporanea di dodici novelle dal capolavoro di Boccaccio. Interpreto i miei testi a teatro e in occasione di eventi e festival accompagnata dai musicisti con cui collaboro. Sono stata finalista alle ultime nazionali italiane di Poetry Slam, quest’anno disputate nel cinema Fulgor di Rimini. Sono docente di Lettere in un Istituto Professionale Alberghiero, dove alle volte imparo addirittura a cucinare.

Quando è nata la passione, l’inclinazione per la scrittura. Come e dove scrivi?
L’interesse per la scrittura risale ai tempi delle scuole elementari, come racconto nel libro “Mia sorella è figlia unica. Storie di donne, di lotte, di vita, di libertà” (2023). La mia maestra delle elementari, una suora, ex missionaria e persona molto profonda ed eclettica, è stata la prima che mi ha incoraggiato a scrivere. Sento l’urgenza di raccontare, di dare voce alle persone meno visibili, più dimenticate o nascoste dalla società. È quello che mi è successo con gli abitanti del quartiere periferico romano di Corviale, anche detto Serpentone.  “Citofonare Morabito. Voci di Corviale” (2022), il mio primo libro l’ho scritto con molta velocità, in soli tre mesi, alle fermate dell’autobus, ai semafori, dal parrucchiere… Scrivo in modo  rocambolesco e senza grande pianificazione. Buona parte dei miei testi li scrivo di getto e pensando già di doverli interpretare.Uno dei miei riferimenti più importanti è Ascanio Celestini e in generale sono
erede del teatro civile, del teatro narrazione.

Rame, materiale per una termo-poetica” è la tua ultima opera. Ci spieghi il titolo?
Il libro è nato dalla raccolta di alcuni testi scritti negli ultimi due anni accomunati da una forte energia, motivo per cui ho scelto la metafora del rame, materiale termo-conduttore per eccellenza. Il titolo doveva evocare la forza del linguaggio e della parola poetica. Mi interessava trasmettere storie ad alta tensione comunicativa, storie che avessero una significativa carica vitale.

Come hai incontrato Ilaria Agostini, curatrice della collana innovativa Pithecusa?
Ilaria Agostini l’ho incontrata durante una mia performance di poesia orale a Roma. Durante quel primo incontro mi parlò proprio della sua casa editrice. È stata lei ad aiutarmi a creare l’indice dei testi di “Rame”: li abbiamo divisi in due sezioni che indicano le azioni e i luoghi. Manca il tempo in quanto il tempo dell’arte è sospeso, è quello dell’anima, quindi è incalcolabile. Almeno  ce lo auguriamo!

La copertina è una vera opera d’arte davvero azzeccata!
L’opera è della stessa Ilaria Agostini, è un quadro che ho vista una sera mentre ero a cena a casa sua. Ho visto che era fatto anche di rame, un materiale prezioso e tanto utilizzato (seppure spesso non visibile), specialmente nelle telecomunicazioni, così fondamentali nella nostra società
contemporanea. La sua opera mi ha ispirato la sera stessa il titolo: ci sono centinaia di migliaia di chilometri di cavi in rame nelle nostre città che consentono di collegarci. Eppure, non pensiamo che la comunicazione sia materia, materica, la pensiamo virtuale, intangibile. Così, anche l’Arte ci attraversa, ci accompagna, ci unisce, è essenziale pur essendo apparentemente invisibile nelle nostre vite.

Cosa rappresenta per te la scrittura?
La scrittura è la mia forma di espressione principale, nonostante la fatica che mi costa. Mi sento nel pieno delle mie facoltà espressive solo quando scrivo.  Riesco ad allineare pensiero, sentimento ed azione. Con Corviale ho scoperto il mio desiderio di scrivere degli altri e per gli altri. Non si può scrivere solo di se stessi, altrimenti diventa autoreferenziale. Invece, è bello quando la propria esperienza diventa una cassa di risonanza per un sentire comune, è bello quando la propria sensibilità apre canali di percezione, riflessione e ricordi negli altri. Quindi scrivere è anche respirare, vivere, riesumare altre vite. Per me scrivere è un rito, ha una sacralità quasi misteriosa, perfino per chi compie l’atto creativa. Ma soprattutto è un’urgenza. Scrivere non è una psicoterapia io credo, ma può essere un’operazione sociale e culturale se è sufficientemente accessibile. Credo molto nel potere della parola scritta. E amo la lentezza della scrittura e della lettura, così resistente alla rapidità della nostra epoca, alla sua frenesia cronica che tutto
divora. La letteratura è controcorrente ed anti-sistema in questo senso.

Che docente sei? Quale rapporto hai con i tuoi studenti?
Sono una docente molto appassionata, sebbene sia consapevole della difficoltà di ricoprire questo ruolo in un’epoca così complessa. C’è un enorme e quasi irrisolvibile “gap” generazionale. Sono tendenzialmente disposta all’ascolto, opto per un atteggiamento aperto e comprensivo, anche se la distanza va sempre mantenuta e l’autorevolezza ben definita. Ma se vuoi saperne di più, dovresti chiedere direttamente ai miei studenti!!!

Dal tuo osservatorio di docente, come vedi questi ragazzi?
Come racconto spesso, secondo me, dal mio punto di osservazione, questa è una generazione che vive una difficile transizione e non ha gli strumenti per affrontarla. Del resto, come noi adulti. Per gli adolescenti però è ancora più grave perché questo travaglio collettivo entra in rotta di collisione con la fase più delicata dell’esistenza. Dunque, insegnare è una bella sfida, decisamente la più ardua per me. I giovani nelle nostre aule non si appassionano facilmente alle Arti perché
fanno fatica ad entrare in connessione con la loro sfera emotiva, sono continuamente decentrati e distratti dai mezzi tecnologici che li allontanano dal loro mondo interiore e dalla vera socialità.
Sono ipersensibili ma allo stesso tempo faticano ad attraversare le loro emozioni, sono disabituati a confrontarcisi. Ritengo che la scuola sia quindi centrale, soprattutto quando le famiglie sono
assenti o disfunzionali. Una grande responsabilità l’abbiamo noi prof di materie umanistiche: del
resto, da secoli è la produzione artistica a raccontare meglio, sotto diverse forme, l’intimità e i segreti dell’esperienza umana. Infine, c’è da considerare che questi ragazzi sono in pochi, sono deboli numericamente parlando, sia sul piano demografico che economico.

Cecilia in Teatro….
E’ tutto cominciato un po’ per gioco, quando mi esibivo nei locali e nelle Associazioni culturali durante serate di poetry slam e con i miei monologhi su Corviale. Successivamente ho partecipato a dei festival sui diritti delle donne, sul genere femminile, per l’inclusione e i diritti umani in generale. Per la prima volta sono approdata a teatro a dicembre del 2023, sul palco del
Teatro Trastevere, con “Libera” (attualmente in tour, ndr) uno spettacolo per voce e chitarra, scritto e interpretato da me e la cantautrice Marta La Noce, con la regia di Marco Zordan.

Cecilia sei anche autrice nei media…
La prima recensione importante fu quella di Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera. A seguire fui ospite di Gigi Marzullo e ancora per Il Corriere di Roma la giornalista Simone De Santis dedicò un articolo alla mia produzione. Anche Il Messaggero mi ha scoperto grazie al libro su Corviale: lo scrittore Francesco Musolino per primo nella redazione un anno e mezzo fa ha letto ed apprezzato l’originalità del progetto ed il mio stile narrativo, sebbene fosse solo un primo esperimento. Ha voluto così intervistarmi. Da lì è poi nata questa bellissima collaborazione con la redazione di Via del Tritone. È per me gratificante poter scrivere la mia opinione su temi così determinanti
oggi. È un’enorme soddisfazione potermi esprimere nella prima pagina di una testata nazionale, la più diffusa della Capitale, e a soli 33 anni. Al tempo stesso è anche un’onerosa responsabilità che affronto con ampie dosi di buon senso e inesauribile impegno. Da un anno a questa parte firmo editoriali sulla generazione Z, sui diritti delle donne e sulla difesa dei diritti umani più in generale, tematiche centrali nel mio percorso umano, creativo e professionale.

Intervista a cura di: Véronique Viriglio

Photo Credit: Nicolò Ferrara.

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